La Divina Commedia Opera Musical al Teatro Team di Bari: la nostra recensione
BARI – Se vi aspettate un kolossal vecchio stampo che vi faccia immergere nei ricordi liceali della Divina Commedia, non sarà La Divina Commedia opera Musical di Andrea Ortis a realizzare le vostre aspettative. Sebbene le scenografie, i costumi, i bravissimi ballerini e la competenza artistica e canora degli attori, rendano piacevole la visione dello spettacolo, gli amanti di Dante e i conoscitori della Commedia resteranno delusi. Il sommo poeta diventa un uomo timoroso e debole che, persa la sua grandezza, diventa un mero ricercatore dell’amore. Si perdono i connotati politici, sociali e morali dell’opera e le tre cantiche ne risultano appiattite.
Bene si conciliano con il capolavoro visionario di Dante l’utilizzo degli effetti tridimensionali, le scenografie moderne in continuo movimento e le coreografie acrobatiche, dettagli di successo che, certamente, riescono a raggiungere anche il gradimento dei più giovani rendendo meno ostica la fruizione della Commedia.
Nel primo tempo, dedicato totalmente all’Inferno, un plauso particolare va a Francesco Iaia che interpreta Caronte e alla suggestiva coreografia a lui dedicata. Si passa poi al quinto canto e alla narrazione dell’amore tra Paolo e Francesca, splendidamente interpretata da Manuela Zainer che con la sua potenza vocale narra il loro amore fedifrago e, sullo sfondo, una seconda Francesca danza con Paolo creando un grande effetto lirico. Le scene si susseguono incalzanti sugli schermi con le proiezioni dei cerchi infernali fino ad arrivare al secondo girone dove incontriamo il suicida Pier della Vigna trasformato in albero. L’incontro con Ulisse, nell’ottava bolgia dei consiglieri fraudolenti, avvolti nelle fiamme, risulta uno dei più riusciti grazie alla scenografia e alla bravura di Angelo Minoli. Dal fuoco si passa al ghiaccio nel quale sono immersi i traditori della patria e tuona straziante il racconto del conte Ugolino. Un veloce accenno del Purgatorio dove Dante (Antonello Angiolillo) perde la guida di Virgilio (Andrea Ortis) per incontrare finalmente Beatrice. Lei, simbolo de “l’amor che muove il sole e l’altre stelle”, è accompagnata dagli angeli e da un finale che, rispetto al resto della rappresentazione, è più legato alla religiosità, ma molto suggestivo per i colori, le luci, le coreografie e le musiche trionfali. Il poeta giunge così al termine del suo viaggio salvifico.