Omicidio Mizzi, arrivano le condanne definitive. Arrestati 40 affiliati al clan Di Cosola
Il primo ad essere ritenuto colpevole è stato Antonio Battista. Lui, in qualità di mandante dell’omicidio di Giuseppe Mizzi, avvenuto nel marzo 2011, è stato condannato a 20 anni di reclusione.
Poi ci sono Emanuele Fiorentino ed Edoardo Bove – condannati rispettivamente a 20 e 13 anni di carcere – considerati gli esecutori materiali del medesimo delitto.
Poi tutti gli altri, quasi tutti ritenuti più o meno attigui al clan Di Cosola, di cui i primi tre facevano parte.
Dalle indagini è emerso che Antonio Battista, all’epoca reggente operativo del clan Di Cosola, dopo aver subìto un attentato a mano armata nel corso del quale rimase ferito, ordinò una plateale vendetta che ha visto, per errore di persona, l’omicidio del povero Mizzi, risultato estraneo ad ambienti criminali.
Grazie alle intercettazioni si è riusciti a svelare la riorganizzazione e l’espansione del clan Di Cosola nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2015 con la leadership di Cosimo Di Cosola (fratello di Antonio).
La stessa indagine ha anche permesso di far emergere tutte le attività criminali condotte stabilmente dal clan sotto la sua guida, dalle estorsioni al traffico di stupefacenti, che aveva come destinazione numerose piazze di spaccio in vari quartieri del Comune di Bari e in quelli di Valenzano, Capurso, Casamassima, Adelfia e Bitritto.
Anche il settore dell’edilizia non è sfuggito alle mire criminali del clan Di Cosola.
È infatti emersa una fitta rete di estorsioni ai danni di numerosi imprenditori locali, che venivano costretti a versare nelle casse del clan ingentissime somme di denaro in cambio di protezione.
In alcuni casi gli imprenditori, per non subire ritorsioni, erano costretti ad acquistare il cemento prodotto dall’impresa di Vito Nicola Procida (soggetto contiguo al clan, condannato in primo grado a 10 anni di reclusione).
Nel corso delle indagini sono state eseguite diverse operazioni di riscontro, che hanno contenuto la pericolosità del clan fino all’esecuzione delle 64 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, avvenuta all’alba del 21 aprile del 2015, che ha consentito il totale smembramento del clan e il sequestro di numerosi immobili e della cava di produzione del calcestruzzo.
A seguito del processo di primo e secondo grado, sopraggiunta l’irrevocabilità delle sentenze, quest’oggi i carabinieri, a circa quattro anni dagli arresti, hanno dato esecuzione a 40 provvedimenti di carcerazione emessi dall’Ufficio Esecuzioni della Procura Generale della Repubblica di Bari nei confronti di altrettanti condannati che hanno scelto il rito abbreviato.
L’operazione, che ha colpito 9 soggetti in libertà (di cui 3 con ordine di sospensione), 14 sottoposti agli arresti domiciliari e 17 già reclusi, ha avuto luogo su tutta Provincia di Bari e nelle diverse carceri di Melfi (PZ), Foggia, Taranto, Lecce, Catanzaro, Teramo, Saluzzo (CN), Sassari, Milano e Tolmezzo (UD).