Bari, sgominato il clan Di Cosola. Confermate le condanne al boss Cosimo e agli altri 26 imputati
BARI – Associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droghe (e loro commercializzazione), tentato omicidio, porto e detenzione di arma da fuoco (anche da guerra), con l’aggravante del metodo mafioso. Sono le accuse a cui dovranno rispondere le 27 persone che, stamattina, hanno ricevuto altrettanti ordini di esecuzione della pena, per complessivi 145 anni di detenzione.
Gli accusati sono stati raggiunti, nelle prime ore di oggi, a Bari e provincia, ma anche a Milano, Torino e in diversi carceri d’Italia, dalle suddette ordinanze emesse dalla procura generale della Repubblica di Bari, in seguito alla decisione della Cassazione che ha confermato l’intero impianto accusatorio del processo a carico di Cosimo Di Cosola e altri 45 imputati, rendendo definitive le condanne emesse dalla Corte di Appello di Bari nei confronti dei 27 soggetti, tra cui lo stesso Di Cosola, classe 72, condannato alla pena residua di 21 anni di reclusione.
L’attività d’indagine, denominata “Operazione Hinterland II”, avviata nel maggio del 2011 e conclusasi nell’agosto del 2013, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha documentato l’alleanza tra i clan Di Cosola e Stramaglia, all’epoca in contrasto tra loro. Le citate consorterie delinquenziali, anche a causa di numerosi provvedimenti giudiziari che ne indebolirono il nucleo strutturale, e in seguito all’intervento pacificatore di importanti esponenti del clan Parisi, decisero di intraprendere un percorso di non belligeranza e di comune gestione dei propri illeciti affari, in particolare nella commercializzazione di sostanze stupefacenti.
Le fonti di prova raccolte nel corso dell’indagine, costituite da intercettazioni telefoniche e ambientali, da acquisizione documentale di sentenze pronunciate a carico di sodali, da numerosi arresti in flagranza operati durante l’indagine (vennero arrestate ben 20 persone, ndr) da sequestri, in particolare di droga e di armi, operati contestualmente all’attività tecnica, da dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, hanno consentito di costruire un quadro accusatorio chiaro, preciso e concordante.
L’associazione di stampo mafioso nota come “clan Di Cosola”, a seguito dell’arresto del suo promotore, Antonio Di Cosola, si riorganizzò sotto l’egida del fratello di costui, Cosimo, scarcerato nel 2010. Le attività di indagine permisero di accertare come il clan fosse composto da diverse articolazioni, tutte gerarchicamente strutturate e facenti capo al medesimo capo, territorialmente distribuite con operatività nei comuni di Bari, Valenzano, Giovinazzo, Triggiano, Bisceglie, Sannicandro di Bari, Bitritto, Rutigliano, Palo del Colle, Adelfia e zone limitrofe, i cui responsabili erano tenuti, periodicamente, a rendere conto ai vertici dell’organizzazione dell’andamento degli affari, in particolare della commercializzazione di sostanze stupefacenti e delle estorsioni, ricevendo ordini e direttive al riguardo. I responsabili dell’organizzazione criminale, a loro volta, garantivano la divisione dei proventi tra gli affiliati, l’aiuto economico e la garanzia di assistenza legale, in occasione di arresti o vicende giudiziarie che, di volta in volta, coinvolgevano i loro sodali.
Fu dimostrato come la complessa struttura criminale poteva contare su un significativo arsenale bellico – nel corso dell’indagine vennero sequestrati un fucile mitragliatore kalashnikov, una mitraglietta Skorpion, ben 19 pistole di vario calibro ed oltre 1000 munizioni, decine di migliaia di euro e diversi kg. di hashish, cocaina e marijuana – e operava su distinte piazze di spaccio, ciascuna diretta da un proprio referente, rifornendosi delle partite di droga attraverso propri canali di approvvigionamento, con significative sinergie con trafficanti operanti nel Tarantino, nel Leccese e nel Veronese.