Bari, sulla facciata di Palazzo di Città la mostra collettiva sulle culture del Mediterraneo
Saranno esposti fino al 12 settembre prossimo, sulla facciata di Palazzo di Città, i 13 stendardi di MINIMUM STANDARDS, la mostra collettiva ideata e realizzata dall’associazione culturale VOGA, che intende inaugurare un percorso artistico e curatoriale volto a porre Bari al centro delle ricerche artistiche in atto nel panorama culturale mediterraneo.
Sviluppato in collaborazione con alcuni spazi di ricerca e gallerie di Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, il progetto presenta opere di artisti locali e internazionali in una mostra collettiva allestita nell’ambito del cartellone della Festa del Mare 2021.
Le opere sono di: Amphibia, Safa Attyaoui, Louise DiB, Natalija Dimitrijević, Marianne Fahmy, Fabio Ignazio Mazzola, Qeu Meparishvili, Olga Migliaressi-Phoca, Rehan Miskci, Sara Naim, Violeta Ospina Domínguez.
“Siamo particolarmente orgogliosi di presentare alla città questa mostra, organizzata da tre giovani pugliesi – Flavia Tritto, Bianca Buccioli e Nicola Guastamacchia – che con l’associazione Voga tornano a Bari dopo importanti esperienze di studio e professionali svolte a Londra e Milano – commenta l’assessora alle Culture, Ines Pierucci -. Le opere scelte rappresentano le espressioni artistiche di 13 Paesi che si affacciano sul nostro Mediterraneo. Quando abbiamo condiviso questo progetto per la prima volta, abbiamo pensato che fosse perfettamente in linea con il concept di Festa del Mare perché proprio su quel mare che abbraccia le terre abbiamo chiesto agli artisti di riflettere. E il risultato è estremamente interessante, oltre che sorprendente: dalle contraddizioni di Palazzo Andidero sintetizzate nell’opera dell’unico artista barese (Fabio Ignazio Mazzola), al tradimento delle promesse della primavera araba, dalle opere di stampo letterario ai balconi animati, fino al numero di telefono dell’artista italo-serba Dimitrijević, che è insieme un invito e una provocazione a contattarla per chi voglia raccontare e raccontarsi. Crediamo che iniziative di questo tipo abbiano la forza e l’immediatezza per arrivare a tutti e stimolare riflessioni e interrogativi significativi”.
I “MINIMUM STANDARDS” sono i requisiti minimi di qualità che rendono un determinato contesto o servizio equamente accettabile e fruibile per tutti. L’espressione si applica tanto ad attività e contesti lavorativi quanto, più in generale, a contesti di inclusione sociale.
La mostra propone dunque una riflessione sui “requisiti minimi” che costituiscono la natura e destinazione pubblica di uno spazio, mettendoli in discussione e auspicando un loro superamento.
Da tempo, ormai, l’idea dello spazio pubblico come luogo dove costruire orizzonti sociali comuni ha lasciato posto ad uno spazio urbano inteso come luogo naturale di diseguaglianze e asimmetrie, di esclusione e di disgregazione sociale.
Come scrive Franco Cassano ne “Il Pensiero Meridiano”, il “pubblico” tende a essere oggi un’entità residuale, qualcosa “in cui si scaricano con sempre meno scrupoli i rifiuti delle nostre appropriazioni private”.
A seguito dello stato d’eccezione che la pandemia ha portato nelle vita delle città, questa iniziativa propone una riflessione per rivalutare ciò che c’era e ridefinire ciò che ci sarà, per lavorare collettivamente su un’idea di spazio pubblico che vada ben oltre i minimum standards.
Ripensare la contemporaneità urbana, per suscitare nuove domande sul senso della vita insieme: questo è un lavoro che l’arte contemporanea può fare, provando a stabilire connessioni tra luoghi vicini e lontani, diversi ma uniti da urgenze condivise.