Due dicembre 1943, quando Bari divenne la Pearl Harbour del Mediterraneo
Bari, giovedì 2 dicembre 1943. Sono da poco passate le 19.30 quando improvvisamente il porto viene trasformato in un inferno di fuoco per gli effetti del martellante bombardamento degli aerei della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca, successivamente estesi sul resto della città.
Nell’occasione furono colpite 17 navi mercantili, fra cui la statunitense John Harvey dalla quale, per la presenza al suo interno di bombe cariche di iprite, si sprigionarono quelle sostanze tossiche che provocarono, oltre all’inquinamento delle acque portuali, anche migliaia di vittime fra militari e civili.
A 77 anni di distanza, il bombardamento su Bari viene annoverato fra i più gravi episodi di guerra chimica verificatisi nel Conflitto 1939-45, al punto da definire l’incursione aerea sul capoluogo pugliese la “Pearl Harbor del Mediterraneo“.
Questo accostamento è motivato dall’identica dinamica che contraddistinse, il 7 dicembre 1941, l’aggressione aviatoria verso la base navale degli Usa, ubicata nell’omonima isola dell’Oceano Pacifico.