Omicidio Vito Romito, arrestati il mandante e uno degli esecutori
Quest’oggi i carabinieri hanno arrestato Giorgio Martiradonna, 49enne, e Roberto Boccasile, 34enne, ritenuti tra i responsabili dell’omicidio del 18enne Vito Romito, avvenuto al San Paolo il 30 novembre del 2004.
Il provvedimento odierno è stato adottato in base agli elementi raccolti in seno ad un’indagine – riaperta nel giugno 2017 a seguito delle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia – conclusa nel settembre del 2019 dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri del Comando Provinciale di Bari e svolta attraverso articolate e complesse attività tecniche e dinamiche corroborate dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia.
Tali elementi hanno consentito di accertare le responsabilità del Martiradonna quale mandante e del Boccasile quale uno degli esecutori materiali dell’omicidio.
Il fatto di sangue è stato inquadrato dagli inquirenti nella contrapposizione – per la primazia nella gestione delle attività illecite – tra il clan Capriati (cui il Martiradonna e il Boccasile sono intranei) e il clan Strisciuglio, sodalizio criminale cui il Romito era contiguo.
Le indagini hanno fatto emergere come l’agguato in danno del Romito fosse stato deciso dal Martiradonna, elemento apicale del clan Capriati, quale risposta all’omicidio – avvenuto pochi giorni prima – di Antonio Fanelli detto ’salzizz’, 34enne anch’egli appartenente alla predetta compagine criminale.
Il Fanelli venne freddato da alcuni colpi di pistola – ad opera di un commando composto da soggetti appartenenti al clan Strisciuglio – mentre si trovava nel borgo antico, nei pressi dell’abitazione di altro sodale. Nel corso dell’azione rimasero feriti anche Luigi Martiradonna (fratello di Giorgio) e Davide Monti.
I killer di Romito, la mattina del 30.11.2004, avevano raggiunto il luogo dove si intrattenevano alcuni sodali del clan Strisciuglio, al quartiere San Paolo, a bordo di almeno due ciclomotori e l’esecutore materiale, armato di una pistola cal. 7,65, si avvicinò per aprire ripetutamente il fuoco.
Il giudice per le indagini preliminari ha riconosciuto la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso.