Il tempo di un ‘Giro di Vita’: Teresa Antonacci recensisce Alessio Rega
Quando un autore – col suo libro – vi cambia gli occhiali con cui finora avete guardato la vita, significa che i messaggi che ha voluto lanciare, con la sua storia, sono andati a segno.
E se l’obiettivo di quel “tiro a segno” era farvi rileggere il tempo – se siete adulti – o farvi riscoprire la vita che state vivendo – se siete ragazzi – vuol dire che lui, l’autore, è stato preciso e diretto.
Perché scrivo questo?
Perché Giro di vita è un romanzo che deve essere letto e metabolizzato indistintamente, a tutte le età.
E lo scrivo con cognizione di causa.
Perché – se lo si legge da “già grandi” – questo è un testo capace di catapultarti indietro nel tempo, di farti viaggiare a ritroso negli anni, in ciò che sei stato allora e che oggi, ovviamente, rileggi con occhi diversi.
Quegli anni li percepisci fin dalla bellissima copertina, fatta di strumenti – il walkman, la musicassetta – che ovviamente non sono più in uso; li indossi in panni che non sono più tuoi, il tempo di spogliarti e rivestirti e riscoprirti fondamentalmente diverso da come ti ricordavi. Sì, questo è un testo che va “indossato”, perché racconta qualcosa di universale. Perché è un po’ tutti noi.
Se invece lo si legge da “ragazzi”, questa è una storia che si compiace degli imprevisti della vita, quegli stessi imprevisti che – proprio perché non previsti – in quel momento maledici, ma che fondamentalmente ti forgiano, nell’adolescenza – anche se lo scoprirai poi, con la maturità!
Questo testo lo si vive tutto, da ragazzi: nei colpi di scena – all’interno della storia romanzata – che però davvero accadono e che ricordano il sapore della mancanza, la paura di soffrire, il coraggio nell’affrontare e vivere la quotidianità di una vita che non credi ti appartenga ma che, in realtà, è davvero la tua.
È luogo comune pensare che quella dei diciotto anni sia l’età più bella – e a volte lo è davvero – ma lo si comprende solo dopo, quando la vita, una prova dopo l’altra, definisce le priorità.
Diciotto anni che vanno a braccetto con gli esami di maturità, con i primi amori, con le promesse scambiate fra i banchi di scuola e le amicizie viscerali, quelle che – non lo sai ancora – resteranno le più profonde, come quella fra Gabriele e Giulio: un’amicizia capace di sfidare il tempo, che spesso crea spazio, genera vuoti e incomprensioni, silenzi e parole, per poi tornare al via in poche ore con estrema naturalezza.
In realtà è un periodo di vita confuso – confuso per tutti – in cui non si coltivano certezze, e ci si sente il più delle volte a disagio nella propria pelle: si desidera con tanto orgoglio di diventare maggiorenni ma poi – quando si diventa grandi – all’improvviso si avverte il peso dell’esserlo diventati.
Gabriele è convinto che le cose, i sentimenti, le amicizie e gli amori siano “per sempre”, ma – nel suo diventare grande – inizia a rileggersi come persona estremamente fragile e comincia a guardare il mondo che lo circonda con occhi diversi; all’improvviso scopre che le fondamenta solide della sua esistenza – famiglia, amicizia, amore – sono in realtà tutte costruite su base sabbiosa, fragile e imperfetta, e questo lo fa crollare inesorabilmente, sprofondare in un pozzo senza fondo che ha pareti illusorie.
Famiglia amicizia amore, riletti in una scrittura densa e disincantata di una freschezza sincera. Ineccepibile. Sono valori fondanti, che all’improvviso non hanno più essenza o struttura.
La crisi familiare, la rottura drastica con l’amico di sempre, il diverso modo di vivere e affrontare l’amore, con Chiara prima e con Beatriz poi, raccontano ciò che davvero accade a molti giovani, in tante famiglie, con una lingua universale capace di sciogliere i nostri assunti, far crollare i nostri idoli. Farci sopraffare e frastornare dalle illusioni per poi uscirne svuotati ma pieni di nuove certezze. Consapevoli che la vita è questo. E che, per sciogliere i nodi e chiudere i cerchi, ci vuole tempo.
Il tempo di un giro di vita.