Evviva evviva l’Epifania, che tutte le feste si porta via!
Secondo un’antica leggenda, i Magi, diretti a Betlemme con i doni da portare a Gesù bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni a un’anziana.
Questa, nonostante le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al Bambino, restò ferma. Salvo poi dopo pentirsi della sua riluttanza.
Per questo preparò un cesto di dolci, uscì e cercò i re. Ma non li trovò.
A quel punto decise che si sarebbe fermata a ogni casa lungo il suo cammino, donando qualcosa ai bimbi, sperando che uno di essi fosse Gesù.
È questa la storia – che non tutti conoscono – della Befana.
La festa che oggi festeggiamo fu però abolita dal calendario civile nel 1978, per poi essere ripristinata nel 1985.
In Italia è comunque una festa molto popolare e sentita, dà luogo a diverse manifestazioni e tradizioni, dai pranzi e i doni offerti per i più poveri a quella, squisitamente religiosa, specie al Sud, del bacio del Bambinello nei presepi viventi allestiti per Natale. Fino al corteo dei Magi e le sagre di paese.
In Italia i doni sono portati dalla Befana (personificata da una vecchia brutta ma buona, legata secondo la tradizione all’adorazione dei magi). In Spagna e in altre nazioni i regali sono portati dai Re Magi.
L’Epifania del Signore è, comunque, una festa cristiana celebrata 12 giorni dopo il Natale, forse per assorbire gli antichi simbolismi del numero 12 nei precedenti riti pagani del Sol Invictus.
Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa “mi rendo manifesto”), dal sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina).
Nelle Chiese cattolica ortodossa e anglicana è una delle massime solennità celebrate, assieme, per esempio, alla Pasqua, al Natale e alla Pentecoste, ed è quindi istituita come festa di precetto; nei Paesi in cui non è festività civile, viene spostata alla domenica tra il 2 e l’8 gennaio. È l’ultima delle solennità del tempo di Natale.
Secondo il Vangelo di Matteo i Magi (non precisati nel numero), guidati in Giudea da una stella, portano in dono a Gesù bambino, riconosciuto come “re dei Giudei”, oro (omaggio alla sua regalità), incenso (omaggio alla sua divinità) e mirra (anticipazione della sua futura sofferenza redentrice) e lo adorano.
Il significato è puramente teologico: i Magi simboleggiano gli stranieri e i pagani che riconoscono la venuta del vero Dio. Originariamente si pensa comunque che i personaggi non fossero tre e soprattutto non fossero Re.
Al di là delle leggende, sterminate, la Chiesa li ha sempre considerati come simbolo dell’uomo che si mette alla ricerca di Dio.