False assunzioni e bancarotta fraudolenta: due arresti nel Barese
Questa mattina i finanzieri di Monopoli hanno posto in esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di V. A. (classe 1973) e una agli arresti domiciliari a carico di Domenico Birardi (classe 1963).
Gli indagati sarebbero coinvolti in svariate condotte di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, nonché di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, commesse dal 2013 al 2017.
Tutto è partito da una denuncia presentata il 4 ottobre 2017 dal titolare di una società, la Prestigia Srl.
Il denunciante avrebbe affidato, dal 2013 al 2017, la gestione del personale della propria società al suo consulente del lavoro, Domenico Birardi.
Verso la fine del 2016 l’uomo avrebbe appreso casualmente che la società aveva proceduto nel corso del tempo all’assunzione di circa 450 dipendenti a fronte degli inziali 40 lavoratori.
In più occasioni avrebbe contattato il Birardi per avere notizie in merito a tali assunzioni, senza però ricevere alcuna spiegazione.
Avrebbe così constatato che numerosi dipendenti sarebbero stati assunti dalla società, godendo dei benefici e delle agevolazioni previste dalla normativa di settore.
Ma avrebbe anche disconosciuto come propria la firma apposta sui singoli contratti di assunzione.
La Prestigia Srl fu poi posta in liquidazione il 3 marzo 2017 e dichiarata fallita con sentenza del 25 settembre 2017.
Le indagini – svolte attraverso l’esame di copiosa documentazione amministrativa e contabile, l’assunzione a sommarie informazioni dei titolari delle società committenti, nonché mediante l’esecuzione di intercettazioni telefoniche – hanno permesso di accertare che la Prestigia Srl, società attiva nella gestione di servizi a favore di imprese alberghiere e turistiche, avrebbe sottoscritto numerosi contratti di appalto in qualità di appaltatore nei confronti di società committenti che svolgevano le più svariate attività imprenditoriali: dal commercio al dettaglio di prodotti alimentari, alla produzione di paste alimentari, passando all’attività di fabbricazione di cisterne, serbatoi e contenitori in metallo, e ancora attività di produzione di piastrelle in ceramica o di affitto di aziende e, infine, attività postali e di corriere.
In realtà, la Prestigia sarebbe stata una vera e propria scatola vuota, collocata al centro di un articolato e ingegnoso sistema fraudolento architettato da V. A. e Domenico Birardi – risultati essere gli amministratori di fatto della stessa società -, finalizzato all’evasione delle imposte e all’omissione del pagamento dei contributi previdenziali.
In particolare la società (risultata priva di strutture e attrezzature idonee allo svolgimento dei vari servizi appaltati) garantiva la somministrazione di manodopera alle società committenti, provvedendo ad assumere formalmente i dipendenti che, di fatto, svolgevano le proprie mansioni esclusivamente presso queste ultime.
Conseguentemente, l’assunzione formale della veste di datore di lavoro ha determinato in capo alla Prestigia la titolarità esclusiva dei debiti fiscali e previdenziali, il cui sistematico omesso pagamento ha causato un’esposizione erariale di oltre 3 milioni di euro, che ha inevitabilmente condotto al fallimento della società.
In tale contesto è stato appurato che V. A. e Birardi, nella loro qualità di amministratori di fatto, a fronte della progressiva e rilevante esposizione debitoria della stessa nei confronti dell’Erario, hanno distratto disponibilità pari a circa 4 milioni di euro dai conti correnti, ovvero dalle casse societarie mediante una serie di prelevamenti di contanti non giustificati, bonifici senza titolo in favore dello stesso V. A. (ovvero in favore della Brokers International Management Italia), sottraendo altresì i libri e le scritture contabili sociali o, comunque, tenendole in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento di affari.
Gli stessi indagati avrebbero emesso molteplici fatture per operazioni inesistenti, nel periodo 2013-2017, per un imponibile complessivo superiore a 3,6 milioni di euro nei confronti delle predette imprese committenti al fine di consentire loro l’evasione delle imposte, in quanto facevano apparire come appalti di servizio quelle che erano in concreto effettive prestazioni di somministrazione di lavoratori.
Tuttavia, sebbene gli affari di cui si occupava V. A. avessero dimensioni notevoli e producessero significativi introiti, gli stessi non trovavano alcun riflesso nella sua posizione fiscale: in effetti, nel 2018 lo stesso avrebbe presentato un modello Unico Redditi Persone Fisiche con un reddito complessivo pari a 4.222 euro, del tutto incompatibile con le proprie attività imprenditoriali.
Ultimo aggiornamento: 8 giugno 2021