Bari, 76 anni dopo il bombardamento del porto da parte dei nazisti. Oggi la commemorazione
Sono passati 76 anni dal 2 dicembre del 1943, giorno in cui il porto di Bari fu bombardato dai nazifascisti. Oggi, per commemorare il triste evento, il vicesindaco Di Sciascio ha partecipato alla cerimonia organizzata dall’Associazione nazionale marinai d’Italia – gruppo Bari, in collaborazione con l’Autorità portuale del Levante e la Capitaneria di Porto di Bari.
La sera del 2 dicembre del 1943, durante la seconda guerra mondiale, gli aviatori tedeschi della Luftwaffe affondarono diciassette navi mercantili ancorate nel porto di Bari.
Lo scopo dell’attacco aereo era quello di rendere inagibile il porto, nel quale affluiva la maggior parte dei rifornimenti per le truppe alleate.
Otto navi cargo furono gravemente danneggiate mentre quelle affondate furono 17, i cui relitti bloccarono il porto per tre settimane.
Una delle diciassette navi alleate colpite, la nave statunitense John Harvey – che si trovava al molo 29 – scoppiò col suo carico di 1350 tonnellate di bombe di iprite, un gas devastante dagli effetti mortali, provocando la fuoriuscita di una grande quantità di sostanze tossiche che contaminò le acque del porto, i militari e i civili della zona.
Altre bombe caddero nel centro della città e uccisero soldati e civili vicino all’Hotel Corona. Altre ancora squarciarono le condotture di carburante nel porto, e il petrolio si sparse ovunque.
Il marinaio Warren Brandenstein riferì che “tutto il porto era in fiamme, la superficie dell’acqua bruciava e le navi divorate dal fuoco esplodevano”.
Inizialmente il vento soffiava in direzione opposta alla città, in modo tale da agevolare la popolazione, ma in poco tempo cambiò direzione; la zona attorno al porto venne invasa dal fumo. In aggiunta, le acque del mare vennero invase dalle fiamme dato che nafta e altri combustibili bruciavano sulla sua superficie. Molti marinai perirono nel tentativo di tornare sulla terra ferma.
Centinaia di civili morirono a causa dei crolli o calpestati mentre correvano a ripararsi, mentre i marinai dei mercantili e i portuali italiani giacevano morti lungo i frangiflutti o galleggiavano a faccia in giù nell’acqua satura di petrolio e agenti tossici del porto.
Quel giorno gli alleati subirono “l’attacco a sorpresa più devastante dopo Pearl Harbor”, come scrisse a metà dicembre il The Washington Post.
Presumibilmente solo 2 furono gli aerei persi dai tedeschi; uno fu visto cadere nelle acque del porto vecchio. Il cessato allarme fu invece dato alle 23, quando le sirene suonarono.
Le notizie del bombardamento furono immediatamente sottoposte alla massima censura, soprattutto per cercare di non far trapelare la notizia del carico di iprite a bordo della Harvey.
Coloro che erano a conoscenza del carico decisero che, per questioni di sicurezza, “non bisognava dare l’allarme generale”, e le uniche misure adottate furono quelle di disinfettare i frangiflutti del molo 29 con una tonnellata di candeggina e affiggere cartelli con scritto “Pericolo – Esalazioni”.
Molte persone che potevano essere salvate, morirono.
Il tragico bilancio fu di oltre un migliaio di vittime, tra militari e civili.