Trani, si occupavano di compravendita di auto: due imprenditori denunciati per frode fiscale milionaria
BARI – Oltre 15 milioni di euro non dichiarati, Iva evasa pari a 8,5 milioni e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 13,5 milioni di euro. Due imprenditori sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Trani e dovranno rispondere di reati tributari e falso.
E’ il bilancio dell’operazione “Car Jumping”, condotta dalla compagnia della Guardia di Finanza di Trani a conclusione di un’attività ispettiva durata oltre due anni, che ha portato alla richiesta di sequestro preventivo per equivalente di beni per oltre 6 milioni di euro.
Un giro d’affari milionario, consumato dalle due società tranesi e operanti nella provincia di Barletta-Andria-Trani nel settore della compravendita di autovetture. Secondo le indagini delle Fiamme Gialle, le imprese commercializzavano in Italia auto di lusso provenienti da Paesi dell’Unione Europea, creando un vorticoso giro di false fatturazioni per frodare il fisco.
I finanzieri hanno infatti individuato un meccanismo mediante il quale le autovetture, soprattutto Mercedes, BMW, Audi, Porsche e altri marchi “premium”, venivano acquistate da Paesi Europei, ma poi immatricolate in Italia come vetture di “seconda mano” o “usate” per evitare il pagamento dell’Iva.
Le indagini condotte dalle Fiamme Gialle hanno permesso di riscontrare come le auto, provenienti soprattutto dalla Germania, venissero immatricolate in Italia attraverso l’intermediazione di due società “di comodo”, con sede in Bulgaria. In particolare, dette società, provvedevano a “fornire” solo la documentazione fiscale necessaria all’immatricolazione delle stesse con un regime agevolativo che permetteva poi di evadere il versamento dell’Iva dovuta.
Gli imprenditori coinvolti esibivano, inoltre, agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, libretti di circolazione contraffatti o alterati, in modo da far apparire quale intestatario dell’autoveicolo una persona fisica residenti in Germania, con la finalità di trarre in inganno gli stessi funzionari e ottenere l’esenzione del versamento dell’Iva.
Le auto venivano poi vendute ai clienti italiani a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato, creando così una concorrenza sleale nei confronti degli altri rivenditori.